mercoledì 28 ottobre 2015

Anxia ritorna...

E siamo giunti alla fine del nostro riepilogo della mostra Ritorno ad Anxia allestita nelle cantine del Palazzo Fittipaldi di Anzi, e giunta ormai (purtroppo!) quasi alla conclusione.
Dopo averci fatto ammirare e conoscere le testimonianze della storia millenaria di Anzi, i curatori della mostra ci lasciano con un’ultima rivelazione, la più sorprendente, che ha su di noi visitatori l’effetto di un lampo che con il suo bagliore ci rivela ancora squarci del nostro sconosciuto passato.

Tutto nasce dalla più ovvia delle domande: se Anzi ha una storia così antica con un periodo in particolare, quello lucano, così florido dal punto di vista artistico-culturale, possibile che le testimonianze pervenuteci siano solo i reperti esposti nella mostra? E se ci sono stati altri ritrovamenti, che fine hanno fatto?
Testa di Medusa, particolare della ginocchiera
di statua bronzea di cavaliere,
V sec. a. C., da Anzi,
Londra, British Museum

E così veniamo a sapere che pare che ad oggi ben 26 casse di reperti archeologici anzesi giacciono nei depositi del Museo Archeologico Provinciale di Potenza...dicerie? Non si sa, chi scrive non è in grado di confermarlo. Di certo, però, si sa che all’inizio dell’Ottocento ad Anzi fu portato alla luce un patrimonio archelogico di inestimabile valore come testimonia anche lo studioso lucano A. Lombardi nei suoi Discorsi accademici e altri opuscoli del 1832, dove arriva a definire Anzi un “suolo fertilissimo” per la gran quantità e varietà di ritrovamenti. In un altro testo, sempre dell’Ottocento, si racconta addirittura del rinvenimento ad Anzi di tombe a camera con pareti affrescate del periodo lucano (V-IVsec. a. C.), le uniche ad oggi segnalate per la Lucania interna.
Purtroppo però, siccome gli anzesi dell’epoca fecero prevalere la logica del profitto, tutto quanto fu trovato andò trafugato senza che venisse prodotto un minimo di documentazione circa i luoghi e la consistenza dei ritrovamenti, e poi venduto in maniera per lo più illecita. Approfittando dell’”anticomania” di moda all’epoca e, quindi, del gran desiderio da parte di tanti nobili di avere una propria collezione di antichità, gli anzesi ne fecero commercio e così il nostro cospicuo patrimonio archeologico è andato disperso per sempre.

Non tutto è andato perduto, però, perchè diversi reperti sicuramente anzesi sono stati rintracciati in famosi musei archeologici di questo e di altri continenti. Qualcosa quindi ci resta, per non parlare poi dell’annuncio che la dottoressa Monaco, ideatrice e coordinatrice del progetto della mostra, ci ha fatto nella conferenza di inaugurazone della mostra tenutasi lo scorso agosto. La dottoressa vorrebbe, infatti, creare il Museo Archeologico Virtuale di Anzi, un museo dove finalmente potremmo conoscere e ammirare il nostro bellissimo patrimonio archeologico scoprendo pezzi della nostra storia e, quindi, della nostra identità. Un progetto intelligente, concreto e fattibile che trova il pieno appoggio di tutti (suppongo..) gli anzesi.

Alla dott.ssa Maria Chiara Monaco Anzi deve tanto perchè si è interessata al nostro paese non a chiacchiere ma a fatti, allestendo immediatamente una mostra con le donazioni ricevute dai cittadini anzesi affinchè tutti potessero vedere e sapere, nonchè promuovendo ricerche e studi specifici sul nostro territorio per dare ad Anzi il ricoscimento che gli spetta di diritto per il ruolo e il valore che ha avuto nella storia, cultura e arte della nostra regione.

Alla dottoressa Monaco e ai suoi valenti collaboratori giunga pertanto e ancora una volta il nostro grazie più sentito!
 
(liberamente tratto dai testi di Fabio Donnici contenuti nell'app Ritorno ad Anxia, un'applicazione per smartphone e tablet android che si può scaricare gratuitamente da Google Play)
 
                                                                                           Rossana Andriuzzi
 

venerdì 23 ottobre 2015

Anzi romana

Busto funerario di statua
romana di togato, da Anzi
Era il 275 a.C. quando Roma festeggiò la sua vittoria sui Lucani dopo decenni di guerre incessanti da cui tutta la regione uscì prostrata.
Malgrado la sconfitta, l’ostilità verso Roma rimase aperta per molto tempo ancora: i Lucani colsero, infatti, tutte le occasioni che la storia offrì loro per ribellarsi a Roma, ma l’esito fu sempre quello della disfatta. E a questa seguì, inesorabile e spietata, la vendetta di Roma e la sottomissione al suo dominio assoluto.

Anzi riuscì a sopravvivere alle devastazioni che Roma perpetrò, come era solita fare, nelle città dei nemici sconfitti, ma si ridusse a un villaggio agricolo, amministrato da Grumentum o forse da Potentia.
A testimoniare Anzi romana ci rimangono i resti di una villa di Età Repubblicana ritrovata nella zona di San Giovanni, che, a detta degli studiosi, pare sia stata costruita su una precedente masseria lucana. La villa a San Giovanni era un complesso rurale dedito principalmente all’agricoltura dai cui scavi, effettuati ormai decenni fa, sono emersi molti reperti che ci auguriamo di riuscire prima o poi a vedere esposti nel museo provinciale di Potenza.
 
Un’altra traccia di Anzi, questa volta di Età Imperiale, la ritroviamo in un documento di grande importanza: la Tabula Peutingeriana, una copia medievale di un’antico stradario romano (forse del IV sec. d. C.) dove erano riportate tutte le vie militari dell’Impero Romano. Su questa Tabula Anzi appare segnata con il nome di Anxia lungo la strada che collegava Grumento a Venosa; sembra che qui ci fosse una statio, cioè un luogo dove i viaggiatori potevano fermarsi per riposare, cambiare i cavalli etc.
particolare della Tabula Peutingeriana
dove è segnalato Anzi
E’ questo è quanto; pare, infatti, che di Anzi nel periodo romano non si sappia molto altro, ed è comunque evidente che non era più la fiorente cittadina, conquistata dall’irresistibile fascino della cultura greca, del precendente periodo lucano.
I reperti della sezione romana esposti nella mostra Ritorno ad Anxia concludono cronologicamente la ricostruzione storico-archeologica di Anzi antica, ma un ultima sorpresa attende i visitatori della mostra.....quale?    Ne parleremo presto.
Mappa della Lucania in Atlante
storico di W. Shepherd, 1911
 
(liberamente tratto dai testi di A. S. Lewin contenuti nell’app Ritorno ad Anxia, un’ applicazione per smartphone e tablet android da scaricare gratuitamente su google play)
 
                                                                                     Rossana Andriuzzi
 

sabato 10 ottobre 2015

La tomba del guerriero


Fra i reperti esposti nella mostra Ritorno ad Anxia, i resti del corredo funebre di un guerriero anzese del IV sec. a. C. sono i meno appariscenti ma, a nostro avviso, decisamente i più suggestivi. Forte e toccante è, infatti, il potere evocativo di oggetti come questi che appartengono alla sacralità del culto dei morti ma che, al contempo, rimandano a una vita vissuta e persa ormai nel mistero del tempo.
Krateriskos apulo a figure rosse,
fine IV sec. a.C. da Anzi
Eppure, anche se il mistero del nostro guerriero è destinato a rimanere tale per l’eternità, a chi ha saputo leggerli, questi resti (di un cinturone di bronzo, di armi e i cocci del sopravvissuto corredo vascolare) trovati per caso in un campo dove sono riaffiorati dopo secoli di riposo sottoterra, hanno potuto raccontare tanto.

A giudicare dal tipo di armi, abbiamo saputo, infatti, che il nostro guerriero è stato seppellito con tutti gli onori ben 2.300 anni fa. A quell’epoca Anzi non era più un piccolo centro enotro, ma era parte di quella che gli storici antichi chiamarono la “Grande Lucania”, cioè di un territorio molto più vasto dell’attuale Basilicata, conquistato dai Lucani, un popolo di bellicosi guerreri discendente dai Sanniti.
I Lucani abitarono Anzi per la sua posizione strategica, ideale per controllare il territorio circostante, la fortificarono con alte mure, mescolarono la loro alla pre-esistente cultura enotra dando vita a una civiltà in cui ai guerrieri, come il nostro, era riservato un ruolo sociale di grande importanza e rispetto.
In quei secoli Anzi fu una cittadina molto attiva la cui cultura e lo stile di vita continuarono a risentire della forte influenza culturale dei Greci delle colonie vicine. Esempi di questa influenza le troviamo, ad esempio, nelle rarissime iscrizioni in lingua osca, la lingua dei Lucani, quasi tutte rinvenute ad Anzi. I Lucani, infatti, pur parlando l’osco, adottarono presto l’alfabeto greco per scrivere, ma essendo l’osco una lingua ancora oggi sconosciuta, le iscrizioni non sono ancora state decifrate.
oinochoe in bronzo, V-IV sec. a. C.
Museo Archeologico Nazionale
di Napoli
La prova più evidente e indiscutibile del fascino esercitato dalla cultura greca è, però, il pregevole vasellame, non solo ceramico, ritrovato nelle tombe. La brocca di bronzo di cui vi mostriamo il particolare del sileno (una divinità greca dei boschi) attualmente esposta al museo di Napoli, ha destato molti interrogativi negli studiosi circa il tenore di vita che conducevano gli antichi anzesi e la provenienza della loro disponibilità economica, i loro gusti estetici, le preferenze culturali etcc. Grande ammirazione desta, invece, in tutti noi l’altissima qualità della fattura della brocca e il fatto che, a detta degli esperti, i particolari del viso del sileno sono fatti con inserti in rame, argento e paste vitree che rimandano alla stessa tecnica di lavorazione dei Bronzi di Riace.
                                                                                                        

Anfora a figure rosse,
350-330 a. C., da Anzi
 Non sono da meno in quanto a pregio artistico i manufatti ceramici, rinvenuti numerosissimi soprattutto nell’Ottocento. Dall’analisi di questi, diversi studiosi sono giunti addirittura ad ipotizzare che Anzi avesse un proprio centro di produzione ceramica, una o addirittura più botteghe specializzate nel fare e dipingere vasellame ceramico. Questa ipotesi è avvalorata dal fatto che molti dei vasi ritrovati ad Anzi, nella maggior parte realizzati con la tecnica della pittura a figure rosse ( tecnica che si era diffusa nel IV a. C. in tutte le officine ceramiche della Magna Grecia) sembrano appartenere stilisticamente alle stesse mani, genericamente indicate come quella del Pittore del Primato e del Pittore delle Coefore. In particolare il mito delle Coefore, nella versione più famosa delle tragedie di Eschilo, risulta essere il mito più rappresentato sulle ceramiche di Anzi, segno della grande presa che deve aver avuto sugli anzesi il dramma morale, esistenziale e religioso da questo sollevato.
La visita della mostra si conclude perciò con un video davvero soprprendente e originale in cui le figure di una bellissima anfora anzese si animano e raccontano la storia e il dramma delle Coefore rendendo così il visitatore emotivamente partecipe di quell’antico “sentire” anzese.

(liberamente tratto dai testi di F. Donnici, A. Parenti, A. R. Lucciardi, L. Parisi, E. Esposito contenuti nell’app Ritorno ad Anxia, un’ applicazione per smartphone e tablet android da scaricare gratuitamente su google play)
 
                                                                                         Rossana Andriuzzi